Tour – giro a tappe
Fresco – perché era dicembre
Sud – della Spagna
***ATTENZIONE!*** può ridurre la sudorazione
19/12/1998
Ronda si trova ad appena un’ora e mezza da Siviglia e il bus costa poco. Poi ne parlano anche bene.
Tra deserti di montagne e laghi-quasi-mari, in cima al cucuzzolo sta la meta: una miniatura battuta dal vento, che seduce i turisti con la sua estetica rupestre per poi fotterli sul tavolino con prezzi da city.
Per quanto ogni anno mi appaiano patetici gli sforzi prodotti dal mondo per rendere credibile il Natale, devo ammettere che in tutto questo palla-palla, incarta-scarta, Ronda non è nemmeno il posto più pacchiano che ho visto.
Delle stelle aleggiano sulle strade strette e scendono come collirio negli occhi. Tutto è molto lindo, ordinato, la gente vecchia. Giuro, non sembra spagnola tanta quiete, piuttosto sembra il paesino del Molise di cui nessuno riesce a ricordare per intero il nome.
Però di Ronda ti ricordi; una volta leccato via tutto lo zucchero filato, smontate le bancarelle, morti e risorti quattro cristi…
Anche allora la natura continuerà a possedere la montagna.
Una natura verticale, tipo paesaggio neozelandese di Frodo e compagnia. La cittadella in pietra bianca che domina la vallata non soffre la vertigine degli abissi, profilati da tinelli di pietra; la visione è un inganno di isole fluttuanti tra i rigagnoli a fondovalle e il cielo. Un ponte ad archi connette borgo vecchio e nuovo: un tempo era la prigione che ospitava i peggiori reietti del regno.
Terminata la passeggiata urbana ci confrontiamo con la natura. Seguiamo il nostro sherpa per i suoi (supposti) sentieri di terra dura, già battuti prima di lui da curiosi, amanti proibiti e sportivi estremi.
Dopo diversi minuti di discesa in cui mi interrogo sulla moralità delle guide, mi accorgo di non essere poi così in basso. Paradosso. Se non concentro lo sguardo sulla big photo opportunity offerta dalla cascata alle mie spalle, sono l’antenna del mondo in panorama unico. Mi importa poco degli uccellacci neri che macchiano il cielo di superstizione. Al diavolo la superstizione e la premeditazione. Il Natale mi inquieta un poco meno in mezzo al muschio vero. Mi accendo una sigaretta e in questo giardino mi sento quasi sano, dimentico del rossore di questo periodo, che poi il rosso non si meriterebbe.
(In origine Babbo Natale era verde. Poi è comparsa sul mercato una bevanda frizzante, dolce, rinfrescante dalla ricetta segreta. Indovinate chi hanno scelto come testimonial di punta?)
Questo brano fa parte di “Convulsioni, le confessioni di un copywriter” (122 pagine), il mio libro d’esordio. Lo potete acquistare qui al sito di Catartica Edizioni oppure su tutti gli store online tipo Amazon, Ibs e Feltrinelli.