Sogno un serpente
né aggressivo, né morto
disteso nell’interstizio
tra il muro e il frigo
scuro e immobile
come quelle salsicce
che tappano gli spifferi
alla base delle porte.
Un brillio nella sua pupilla
e una tacita domanda:
“perché mi temi?”
Quel tremore tìmico
non lo riconosco
e nemmeno il mio amico
una volta desto.
L’intimo è losco.